Edith Bruck – Il pane perduto

Edith Bruck

di origine ungherese, è nata in una povera, numerosa famiglia ebrea. Nel 1944 il suo primo viaggio la porta, poco più che bambina, nel ghetto del capoluogo, e di lì ad Auschwitz, Dachau, Bergen-Belsen. Sopravvissuta alla deportazione, di cui ha reso testimonianza nelle sue opere, dopo anni di pellegrinaggio approda definitivamente in Italia, adottandone la lingua. Nel 1959 esce il suo primo libro Chi ti ama così, un’autobiografia che ha per tappe l’infanzia in riva al Tibisco e la Germania dei lager. Nel 1962 pubblica il volume di racconti Andremo in città, da cui il marito Nelo Risi trae l’omonimo film. È autrice di poesia e di romanzi come Le sacre nozze (1969), Lettera alla madre (1988), Nuda proprietà (1993), Quanta stella c’è nel cielo (2009), trasposto nel film di Roberto Faenza Anita B., e ancora Privato (2010), La donna dal cappotto verde (2012) e La rondine sul termosifone, pubblicato nel 2017 da La nave di Teseo. Nella lunga carriera ha ricevuto diversi premi letterari ed è stata tradotta in più lingue. Tra gli altri, è traduttrice di Attila József e Miklós Radnóti. Ha sceneggiato e diretto tre film e svolto attività teatrale,

Il libro: Il pane perduto

Per non dimenticare e per non far dimenticare, Edith Bruck, a sessant’anni dal suo primo libro, sorvola sulle ali della memoria eterna i propri passi, scalza e felice con poco come durante l’infanzia, con zoccoli di legno per le quattro stagioni, sul suolo della Polonia di Auschwitz e nella Germania seminata di campi di concentramento. Miracolosamente sopravvissuta con il sostegno della sorella più grande Judit, ricomincia l’odissea. Il tentativo di vivere, ma dove, come, con chi? Dietro di sé vite bruciate, comprese quelle dei genitori, davanti a sé macerie reali ed emotive. Il mondo le appare estraneo, l’accoglienza e l’ascolto pari a zero, e decide di fuggire verso un altrove. Che fare con la propria salvezza? Bruck racconta la sensazione di estraneità rispetto ai suoi stessi familiari che non hanno fatto esperienza del lager, il tentativo di insediarsi in Israele e lì di inventarsi una vita tutta nuova, le fughe, le tournée in giro per l’Europa al seguito di un corpo di ballo composto di esuli, l’approdo in Italia e la direzione di un centro estetico frequentato dalla “Roma bene” degli anni Cinquanta, infine l’incontro fondamentale con il compagno di una vita, il poeta e regista Nelo Risi, un sodalizio artistico e sentimentale che durerà oltre sessant’anni. Fino a giungere all’oggi, a una serie di riflessioni preziosissime sui pericoli dell’attuale ondata xenofoba, e a una spiazzante lettera finale a Dio, in cui Bruck mostra senza reticenze i suoi dubbi, le sue speranze e il suo desiderio ancora intatto di tramandare alle generazioni future un capitolo di storia del Novecento da raccontare ancora e ancora.