LA CHIESETTA DI S. AGATA E S. LUCIA
Sul punto morfologicamente più alto del Doss di Sant’Agata, in una posizione strategica rispetto al contesto geografico circostante (un balcone naturale sulla Valle dell’Adige), sorge la chiesetta dedicata a Sant’Agata e Santa Lucia, una delle più antiche presenti sul territorio di Povo. Si tratta di un manufatto architettonico estremamente semplice: un’aula unica, articolata in una doppia volta a crociera, che termina in un piccolo presbiterio coperto da una doppia volta a botte. Nonostante il grave stato di abbandono in cui versa l’architettura, è possibile riconoscere la presenza di un altare maggiore, dedicato alla martire catanese, e un altare minore dove un tempo era presente una pala dipinta da Giovanni Battista Pompeati nel 1835 e raffigurante le due sante. La facciata riprende le caratteristiche compositive delle piccole cappelle sparse sulla collina di Trento: un portale d’accesso in pietra lavorata, affiancato da due finestre di uguale foggia e sovrastato da una finestra a lunetta. Chiude il disegno del prospetto principale un piccolo campanile a vela che sottolinea la simmetria della copertura a doppia falda.
La storia di questa piccola architettura è legata a quella del castello che un tempo dominava la sommità del Doss di Sant’Agata: un fortilizio le cui origini e le cui caratteristiche non sono mai state indagate con la dovuta serietà storiografica e di cui esistono pochi documenti e alcune ipotesi ricostruttive. A partire dal XVI secolo, le tracce dell’esistenza del castello spariscono dai documenti ufficiali, ma la memoria della sua esistenza rimane viva nei toponimi (uno su tutti “Oltrecastello”, ovvero tutta l’area collocata “al di là del castello”) e nelle inequivocabili presenze architettoniche ancora oggi esistenti sulla sommità del colle.
In questa visione, la chiesa di Sant’Agata e Santa Lucia si presenta come una sorta di “reliquia” dell’antico maniero, nata dalla riconfigurazione di una sua parte o edificata ex-novo a seguito della demolizione del fortilizio, grazie al riutilizzo delle piete che costituivano l’antica struttura fortificata. L’utilizzo della piccola chiesa non venne mai abbandonato nel corso dei secoli e conobbe un certo successo durante il Setto-Ottocento, quando il Doss di Sant’Agata era meta di escursioni da parte della nobiltà cittadina in villeggiatura estiva sulla collina di Trento. Sull’architrave del portare d’ingresso, è possibile leggere ancora l’invocazione latina De tua profectione ut in aeternum protegas an (Dal tuo rifugio mi allontano, invocando la tua protezione).