Libri per giovani

«Caro Dio,

mi chiamo Oscar, ho dieci anni, ho appiccato il fuoco al gatto, al cane, alla casa (credo persino di aver arrostito i pesci rossi) ed è la prima lettera che ti mando perché finora, a causa dei miei studi, non ho avuto tempo.»

Inizia così Oscar e la dama in rosa, di Eric-Emmanuel Schmitt. Un piccolo libro di un’intensità che toglie il fiato. Chi parla è un bambino malato terminale di leucemia, arrabbiato perché tutti lo trattano in un modo strano, anche i suoi genitori e i medici. Lui ha mille domande, ma sembra che tutti lo evitino, scappano via, gli luccicano gli occhi quando lo guardano, si imbarazzano e nessuno vuole rispondere. La dama in rosa è un’anziana volontaria, che lo va a trovare da quando è ricoverato; lui la chiama nonna Rosa. Lei non si sottrae alle sue domande. Così Oscar scopre che la sua paura è vera, gli restano solo dodici giorni. Ma lui voleva fare molte, molte cose nella sua vita! Aveva tantissimi desideri… Nonna Rosa gli propone di scrivere ogni giorno una lettera a Dio, per raccontargli tutto quello che gli passa nel cuore e chiedergli di realizzare, ogni giorno, un suo desiderio. Un desiderio grande, però, non la voglia di giocattoli o di cioccolato. Qualcosa come la speranza, la fiducia, il coraggio, la serenità e cose simili. E gli propone di fare un gioco. Siccome mancano proprio dodici giorni alla fine dell’anno, vivrà ognuno di essi come fosse un decennio: crescerà, studierà, sposerà la bambina che sta nella cameretta di fianco alla sua e così via.

Incontrai questo libro per la prima volta a una lettura con accompagnamento musicale tenuta all’Hospice Madonna dell’Uliveto di Albinea, in provincia di Reggio Emilia. In quella occasione Paola Gassman ne lesse diversi brani. Attrice, musicisti e pubblico fummo tutti presi in una situazione di tale intensità, che per tutti, credo, Oscar era ognuno di noi, era nostro figlio, nostro fratello, eravamo noi. In seguito Amanda Sandrelli ne ricavò una pièce teatrale anch’essa intensissima.

Poi lessi il racconto e ne rimasi ancor più conquistata mi parve, e mi pare ancora oggi, il più bello che avessi mai letto su questo argomento. È una storia dolcissima e dura, che commuove e fa riflettere, talvolta persino sorridere, perché ogni cosa è vista e detta con la schiettezza e la sincerità priva di remore di un bambino. E narra anche come possa, stranamente, accadere di sentire vicino nel dolore un Dio che, però, non ti guarisce, e al quale ti rivolgi riluttante e controvoglia, perché, come hanno sempre detto a Oscar i suoi genitori, solo gli sciocchi credono a Dio.

Ognuno di noi ha la sua morte, ci sono tanti modi di morire, per questo il poeta Rilke pregava: «O Signore concedi a ciascuno la sua morte:/frutto di quella vita/in cui trovò amore, senso e pena» (Libro delle ore). Oscar, aiutato dalla sua dama in Rosa, cerca di compiere il difficile percorso verso l’accettazione della morte che è di tutti gli ammalati terminali, per giungere alla propria fine non divorati dal rimpianto, con gli occhi aperti, ma non sbarrati dal terrore; tristi sì – e come potrebbe essere diversamente? – ma non disperati.

Michela Dall’Aglio


Don Corso Guicciardini. Passare dalla cruna dell’ago.

Un colloquio su storia e futuro dell’Opera Madonnina del Grappa: Attraverso un intenso dialogo con don Corso Guicciardini, emerge l’esperienza singolare ed esemplare di questo prete fiorentino, di famiglia nobile che rinunciò alla ricchezza per “passare dalla cruna di un ago” decidendo di seguire, nell’adesione al Vangelo, don Giulio Facibeni e l’Opera della Divina Provvidenza Madonnina del Grappa. Uomini che per tutta la vita hanno inseguito l’annientamento del proprio io nella carità e nella misericordia. in questo libro è raccolta le testimonianza di una vera e propria storia di santità che ha segnato la Chiesa e la città di Firenze. La figura di don Corso Guicciardini si trova, infatti, alla confluenza di una ricchissima rete di rapporti con persone eccezionali di quasi un secolo di storia fiorentina: don Corso narra episodi inediti di nobili famiglie cittadine; di Giorgio La Pira, decisivo per la sua vocazione; di Pio XII; di Elia Dalla Costa, Raffaele Bensi, Enrico Bartoletti, Lorenzo Milani e dei sacerdoti francesi del Prado e di quelli dell’Opera di don Giulio Facibeni. Un affresco tra due secoli della storia d’Italia che apre orizzonti sul futuro della “nostra umanità vulnerabile”.
Through an intense dialogue with don singular experience emerges and exemplary Course Guicciardini, of this priest fiorentino, of noble family who renounced his wealth to “move from the eye of a needle” by deciding to follow, in fidelity to the Gospel, don Julius Facibeni and l’Opera della Divina Provvidenza Madonnina del Grappa. Men who throughout his life chased the annihilation of self in charity and mercy. in this book is collected the testimony of a genuine history of Holiness that marked the Church and the city of Florence. The figure of don Course Guicciardini is located at the confluence of a rich network of relationships with exceptional people of nearly a century of Florentine history: don Course tells unedited episodes of noble families; by Giorgio La Pira, decisive for his vocation; of Pius XII; by Elia Dalla Costa, Raffaele Bensi, Enrico Bartoletti, Lorenzo Milani and the French priests of Prado and the work of don Julius Facibeni. A fresco in two centuries of the history of Italy which opens horizons for the future of “our humanity vulnerable”.

 

Paura di cadere … voglia di volare

libro dell’arcivescovo di Catanzaro-Squillace, Vincenzo Bertolone

Recensione di bruno Scapin, mutuata dalla rivista Settimana News  – 22/7/2020

Con un linguaggio moderno, agile, accattivante, l’arcivescovo di Catanzaro-Squillace, Vincenzo Bertolone, indirizza ai giovani una lettera intitolandola Paura di cadere… voglia di volare. Sette capitoletti preceduti da un Prologo, in cui spiega il movente che lo ha spinto a scrivere («la vita è il dono più grande di cui possiamo godere, col suo fascino imprevedibile e con la sua unicità e irrepetibilità; ma i giovani spesso lo ignorano o lo dimenticano») e da un Epilogo in cui l’arcivescovo esprime la sua fiducia nei giovani (“Mio fido di te!”) invitandoli a prendere in mano la propria vita per «farne qualcosa di buono, di vero, di bello per il mondo e per la Chiesa», fidandosi di Gesù nella certezza «che proprio nessuno ti ama più di lui».

Partiamo da una consolante verità: «Dio ha un vocabolario infinito di nomi che scorre continuamente, fissandoli uno a uno». Tra questi nomi c’è anche il tuo… «Tu stai a cuore a Dio!». Ti ha fatto dono della libertà. Usala responsabilmente.

Insiste l’arcivescovo sul tema della libertà, constatando come «molti oggi pensano di essere liberi nel momento in cui scelgono di non scegliere», per cui si è portati a privilegiare «qualcosa di reversibile», «abbiamo paura del “per sempre”», «vogliamo scegliere qualcosa dalla quale poter recedere». Comodo. La libertà senza scelta è semplicemente una fuga.

Per decidere di giocarsi bisogna “desiderare”. «Tutto ha origine da ciò che veramente desideri». Ma desiderare può incontrare anche la delusione (pensa a una delusione d’amore). E allora ci soffri. E ti sembra di essere in perdita. Invece è proprio la sofferenza «la corsia preferenziale che ci fa davvero umani».

Da solo non puoi farcela. «Hai bisogno di un angelo che ti guidi e ti conduca sulle strade del mondo». Ci vorrebbe accanto a te un maestro, una guida, dei testimoni «che parlino più con la vita che con le parole». Adulti così, oggi, sono merce rara.

Il pericolo è crescere in un «individualismo insoddisfatto», in cui anche le relazioni rischiano di venire falsate. Il corpo, tuo e dell’altro, diventa così «un bene di consumo». Non dimenticare che, se sei stato battezzato, il tuo corpo «non è solo tuo: è di Cristo». Come rimediare? Attuando una parola che non è più di moda: l’ascesi, cioè un cammino in salita. E questo per raggiungere «un bene più grande».

E poi, sii coerente, «sii te stesso, sempre!… Sii limpido, puro, cristallino, capace di stupore, senza malizia, vero e sincero, prudente». Soprattutto «non permettere mai che gli altri penetrino nella cassaforte del tuo cuore… e non svenderti al mercato dell’apparenza o al primo offerente né dal vivo né nella rete informatica».

Da ultimo, un esercizio pratico. L’arcivescovo di Catanzaro-Squillace propone al giovane di raccogliere le sue idee (brainstorming) attorno a 17 parole (autenticità, passione, bellezza, libertà, prudenza, giustizia…) e di riflettere su ognuna di esse. Un modo per giungere alla “sapienza” del cuore.

Vincenzo Bertolone, Paura di cadere… voglia di volare. Un vescovo scrive ai giovani, Rubbettino, Soveria Mannelli (CZ) 2020, pp. 83, € 12,00.